NOTHING
“In primo luogo, scoprii questo. Ciò che la Fotografia riproduce all’infinito ha avuto luogo solo una volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai ripetersi esistenzialmente. In essa, l’accadimento non trascende mai verso un’altra cosa: essa riconduce sempre il corpus di cui ho bisogno al corpo che io sto vedendo; essa è il Particolare assoluto, la Contingenza suprema, spenta e come ottusa, il Tale (la tale foto, e non la Fotografia), in breve, la Tyche, l’Occasione, l’Incontro, il Reale, nella sua espressione infaticabile. Per designare la realtà, il buddhismo dice sunya, il vuoto; ma meglio ancora dice: tathata, il fatto di essere tale, di essere così, di essere quello; in sanscrito tat vuol dire quello, e fa pensare al gesto di un bambino che indica qualcosa col dito e dice: Ta, Da, Ça!
Una fotografia si trova sempre all’estremità di quel gesto; essa dice: questo, è proprio questo, è esattamente così! ma non dice nient’altro; una foto non può essere trasformata (detta) filosoficamente, essa è interamente gravata dalla contingenza di cui è l’involucro trasparente e leggero.”
“La Camera Chiara” da Roland Barthes