Nel precedente lavoro “APPARTENENZE”, il mio intento era di documentare l’evidente. Una registrazione visiva e oggettiva, priva di ogni interpretazione, di persone che condividono un territorio, un luogo. Credo che la fotografia debba essere poesia e che la poesia debba suggerire il mistero. Molte sono le definizioni di mistero e tutte hanno a che vedere con la nozione del nascosto, del segreto. Per Heidegger, il mistero è inerente all’essenza della verità. Questo lavoro “APPARATI”, dove la rappresentazione oggettiva di organi (lingua, cuore, occhi…), è palese, anziché limitarsi a rivelare ciò che in natura è nascosto, ne evoca il mistero. Il mistero dell’ordinario che pone nuovi interrogativi.